venerdì 20 marzo 2015

"La zuppa è pronta: càvamela"



 Niente di più toscano della "Zuppa  toscana di magro alla contadina", come la nomina l'Artusi. Di magro, tenendo conto anche che siamo in quaresima, ma gli amatori  ci mettono la cotenna di maiale a bollire e si dice, con voce accreditata,che, nei tempi passati, tra le massaie del ceto più popolare fosse in uso l'osso saporitore, ossia l'osso del prosciutto debitamente ripulito, che serviva a dare più gusto e condimento ad alcuni piatti e che le donne si passavano da una all'altra, perché allora anche un osso poteva essere un piccolo tesoro.
Cose curiose, ma che fanno pensare!
 Nei reparti di gastronomia dei supermencati  la zuppa si trova anche come"minestra di pane", ma io lo trovo un nome decisamente riduttivo.
In effetti , come per  la ricetta per la zuppa di cavolfiori e patate, anche questo piatto è caratterizzato dall'utilizzo del pane, del tipo casalingo e raffermo di qualche giorno.
Chi la chiama zuppa di fagioli, chi zuppa di cavolo, dal nome di due degli ingredienti principali.
Da noi questo piatto, oggi entrato anche nei menu di feste e ristoranti come piatto di nicchia, protagonista anche di molte apprezzate ed affollate sagre paesane, si chiama semplicemente zuppa, per sottolineare il suo primato su tutti gli atri piatti a base di pane raffermo inzuppato.
Prima dell'avvento del consumismo, nei nostri paesi circolavano i venditori ambulanti, muniti di carretto e di stadera, con il piatto sospeso alle catenelle e il peso scorrevole sull'asta graduata, dal quale la merce si riversava direttamente nel grembiule delle massaie, che integravano i prodotti  del campo o dell'orto che quasi tutti coltivavano.
Una delle fruttivendole più conosciute era la Mide (Ermide, per l'anagrafe)
Un donnone con il vestito nero e la "pezzola in capo" legata con le becche ( le cocche ) sulle nuca, che così stretta attorno alla testa  metteva in evidenza ancora di più l'imponente corporatura; faceva il giro di Vecchiano con la sua mercanzia trasportata da un piccolo barroccio ( carro agricolo) trainato da un  "miccino" grigio, che per quel compito mi sembrava straordinariamente piccolo, il miccio della Mide, che io compiangevo, quando lei, terminata la vendita e la sosta, lo sollecitava "Via!", non solo con la voce, ma assestandogli energiche frustate sul groppone e lui, meschino, riprendeva il traino del carretto, con la pila delle cassette piene e, assestata in cima alla piramide, la Mide che modulava il suo richiamo: "C'ho le mele belle, cavolo per la nzuppaaaaa", fino alla tappa successiva.
Quando un piatto entra nella leggenda, molti ne rivendicano la versione originale, molto difficile  da stabilire, ma un buon criterio è quello di affidarsi al risultato nel piatto.

Ingredienti e preparazione:

In una grande pentola versare mezzo bichiere di olio evo e far soffriggere un trito di odori: sedano, prezzemolo, carota e cipolla.
Aggiungere le verdure, iniziando dal cavolo nero privato delle costole e  la verza, grossolanamente spezzati e qualche patata piccola intera. Seguono, tutti ridotti in pezzetti di giuste dimensioni, sedano, carote, zucchine, zucca gialla, piselli ( si varia secondo la stagione) e si lascia cuocere con il vapore prodotto dalle verdure stesse, aggiungendo all'occorrenza poca acqua per volta.
Questa operazione si chiama stracotto e fa la differenza rispetto alla normale lessatura.
Si aggiungono in questa fase gli aromi: pepolino ( somiglia al timo, che va bene lo stesso) finocchio selvatico, origano, basilico.
Quando le patate lasciate intere sono morbide, si chiacciano per addensare e si rimettono in pentola.
Poi si unisce al tutto il passato di fagioli ( precedentemente ammollati, se secchi, o lessati o...tolti dalla scatola) ed anche una certa quantità di fagioli interi.
Si unisce il pomodoro ( o il concentrato disciolto in un po' d'acqua calda), si aggiusta di sale e di pepe e si lascia sobbollire per circa un'ora per ottenere la giusta consistenza delle verdure e l'armonia di sapori
e profumi che rendono davvero speciale questo piatto povero, ma ricco dell'arte del buon mangiare.
Nella zuppiera si dispone il pane casalingo raffermo e  si copre con una generosa quantità  di zuppa, procedendo a strati e si termina con una bella quantità di verdura.
Trascorso il tempo necessario ad inzuppare il pane, aggiungendo se necessario altro liquido, la zuppa si serve, anzi, si cava: " La zuppa è pronta: càvamela, ma cavamene un ber piatto, 'un ti perita'!"
La tradizione vuole a questo punto un bel giro d'olio a crudo e la  cipolla tagliata al velo, ma queste rifiniture sono lasciate al  i gusto personale.
Una caratteristica di questa preparazione, che permette di valutarne la giusta densità è la classica prova del cucchiaio: nella zuppa fatta a regola d'arte il cucchiaio deve "sta' ritto di suo!"

8 commenti:

  1. Siii... alle zuppe, mi piacciono tantissimo ! Buon weekend !

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    1. Ciao Andreea,
      qui in Toscana questa zuppa è un'autentica istituzione, una tradizione alal quale le famiglie tengono moltissimo!

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  2. Adoro le zuppe di tutti i tipi , ma quelle toscane battono qualsiasi record, vero cara amica..
    Meravigliosa non ti sembra?
    Mi sono iscritta, ma non la ero già amica mia e pure tu no? Questo nome mi è più che familiare...
    Nel dubbio ho rifatto il tutto se vuoi ricambiare , ne sarei felicissima..
    Bacione e grazie!
    http://rockmusicspace.blogspot.it/

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    1. Ciao Nella,
      in Toscana ci sono zuppe molto caratteristiche e molto note: questa è quella più elaborata, ma il risultato vale il tempo e l'impegno che vuole a cucinarla!
      Noi da tempo siamo in contatto e saltuariamente ( siamo in tanti, il giro è largo!) visito il tuo interessante spazio musicale. e commento qualche post, sempre ben documentato!
      Sei iscritta al mio Schiaccianoci e ti ringrazio per esserti unita anche ai lettori delle mie ricette:)

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  3. Sei troppo forte quando prima di un piatto ne racconti l'antefatto o comunque la tradizione :) Troppo buone le zuppe e questa tua è super invitante!

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    1. Ciao Luna,
      in un blog che si chiama parole di contorno aneddoti e altre leggerezze sono di casa!
      Quanto alle zuppe, questa è un autentico must:-)

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  4. Ciao Marilena, ho perso un po' di post e me ne dispiace..è andata così.. ma adesso ristabilita, eccomi qua. Certo non potevo mancare per la tua ricetta della zuppa. Quanto tempo è passato, ogni tanto la faccio anch'io, ma quella di mia mamma era davvero speciale: cavolo nero e osso di proscitto proprio come suggerisci tu. Troppo buona!! Buon fine settimana a te e un caro saluto Stefania

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    1. Mi fa piacere, Stefy, che tu ti sia ristabilita.
      Chi, come noi, fa avuto l'opportunità di imparare questa ricetta dalla mamma, oltre alla bontà del piatto popolare assapora anche il ricordo di un caro passato:))

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